E' impossibile restare indifferenti quando si tratta dell'uscita del nuovo disco di una delle band più longeve della storia della musica. I 4 irlandesi partiti da un annuncio scolastico ormai 40 anni fa, nel bene e nel male attirano l'attenzione su di loro grazie al quattordicesimo album in studio. Il risultato è ancora una volta di grande effetto, stavolta però lo fanno in maniera meno "invasiva" rispetto al lancio di Songs of Innocence (iTunes, Apple ecc..) avvenuto ormai 3 anni fa.
Ci troviamo di fronte al secondo capitolo della trilogia (teorica) ispirata all'omonima raccolta di poesie di William Blake di fine '700: canzoni e componimenti con temi come l'innocenza trattati da Bono & co nel 2014 attraverso gli occhi di un bambino nella Dublino anni 70, raccontando il primo incontro con la futura moglie e la perdita della madre in età adolescenziale.
Con Songs of Experience gli U2 capovolgono la prospettiva proprio come l'autore inglese nel 1794 affrontando la dura realtà del mondo materiale in età adulta, temi cupi e malinconici ci mostrano un cantante che è prossimo ai 60 anni, padre di 4 figli, ma è stanco di combattere.
Ognuna delle 13 tracce che compongono l'album è una lettera indirizzata a qualcuno, sua moglie, i suoi fan, gli amici più cari, i suoi figli: stavolta l'autore parte dal profondo, dall'oscurità, dalla paura della morte causato da un grosso "spavento" un anno fa. Questi punti di partenza conducono Bono a riflessioni sulle difficili condizioni dei rifugiati che attraversano il Mediterraneo, sulla popolazione siriana in questo momento (Summer of Love e Red Flag Day).
Il disco si lascia ascoltare velocemente, cambi tematici e ritmici rimandano ad una sicura consapevolezza dei propri mezzi compositivi, un'alternanza più che piacevole collega lettere d'amore esplicite per la moglie Ali (Landlady, You're the best thing about me e Love is all we have left) a brani duri con background politico (American Soul e Get Out of Your Own Way) e ballate rock/folk anni 60 (The Showman - Little more better).
Riprendendo quella freschezza creativa già intravista nel precedente album la band sembra aver recuperato un certo input compositivo che a mio avviso avevano perso dopo la colonna sonora di Million Dollar Hotel: si può notare l'esatto opposto ascoltando brani come The Blackout, 13(There is a light) e American Soul dove hanno ritrovato spunti, idee e strofe direttamente dall'album precedente, ma trasformandole e rivisitandone le melodie hanno appositamente creato un ponte che unisce il bambino spaventato di Dublino con il padre preoccupato di New York. Non esiste esperienza senza innocenza, se il piccolo Bono non avesse sofferto per la sua situazione familiare, per la guerriglia subdola nelle strade irlandesi e non avesse incontrato Alison, non sarebbe l'uomo di oggi: un leader che sognava di cambiare il mondo con i suoi testi e le sue campagne umanitarie ma non ci è riuscito, un padre che incoraggia il figlio nel prendere in mano la propria vita ("The door is open to go through, If I could I would come too, But the path is made by you as you're walking start singing and stop talking") su Love is Bigger than Anything in Its way, un uomo che ha visto la morte in faccia intaccando le sue certezze. Da qui, dalle sue paure e suoi dubbi il suo testamento, il punto più alto a mio avviso di tutto l'album, The Little Things that Give You Away, dove il cantate annuncia la morte della sua innocenza in modo elegante e melodico in un primo momento, ma rabbioso e sofferto nel finale del brano. E' la classica traccia in pieno stile U2, inconfondibile, trasporta l'ascoltatore in un vortice di emozioni causate dal crescendo strumentale della band mentre Bono esprime con forza e dolore la sua angoscia e rassegnazione verso la vita. "Sono le piccole cose che ti tradiscono, le parole che non riesci a pronunciare, le piccole cose che rivelano chi sei, a volte non riesco a credere alla mia esistenza e mi vedo da lontano ma non posso tornare indietro". Assolutamente una gemma rara degli U2 post-2000 che avrà il consenso del pubblico soprattutto nell'imminente tour dopo aver fatto qualche comparsata nel Joshua Tree Tour, segno che la band è consapevole del potenziale del brano.
In conclusione non mi aspettavo un album cosi completo, cosi profondo. Dopo le insistenti e incomplete sperimentazioni di No line on the horizon nel 2009 mi sono piacevolmente ripreso grazie alla sincerità di un Bono che torna alle sue origini, che parla della prematura scomparsa della madre in Songs of Innocence nel 2014 aprendosi totalmente al pubblico e grazie alla composizione musicale assolutamente d'impatto. Sono sorpreso da questo Songs of Experience dove continua il filone melodico molto propositivo e compatto, prosegue il tono dei testi mettendo a nudo la persona e l'uomo dietro di essi. Sicuramente un freddo ascolto alla radio non può includere tutto questo, gli U2 sono così, per capirli devi conoscere il loro background e le loro vite, devi vivere i testi e interpretare ritmo, pause e suoni. Nulla è al caso, prendere o lasciare.
Vi consiglio di "prendere" tutto, ogni volta è un viaggio diverso, ieri stavamo scappando dalle bombe, cercavamo di raggiungere una madre lontana, oggi siamo all'interno della coscienza umana, in bilico tra paure e dilemmi, tra buio e luce, tra padre e figlio; spero che il domani mi riserverà ancora tanti altri viaggi come questo, affrontando periodi diversi della vita proprio come è stato per un ragazzino ribelle che voleva essere soltanto il chitarrista di una band e un giorno si ritrova a scrivere il testo più bello della storia della musica con One.
- Love Is All We Have Left – 2:41
- Lights of Home – 4:16
- You're the Best Thing About Me – 3:45
- Get Out of Your Own Way – 3:58
- American Soul – 4:21
- Summer of Love – 3:24
- Red Flag Day – 3:19
- The Showman (Little More Better) – 3:23
- The Little Things That Give You Away – 4:55
- Landlady – 4:01
- The Blackout – 4:45
- Love Is Bigger Than Anything In Its Way – 4:00
- 13 (There Is a Light) – 4:19
Giulio




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